I Volti Nuovi del Gruppo, Luca Colnaghi: “Mi sono rialzato dall’ingiustizia sportiva. Voglio crescere senza pressione”
Luca Colnaghi passa professionista con buone aspettative per la sua carriera. Il 23enne lecchese ha firmato un contratto biennale con la Bardiani CSF-Faizanè, squadra con cui ha corso qualche mese come stagista nell’ultima parte del 2021. Prima ancora di passare professionista, il lombardo si è messo in mostra al Giro d’Italia U23 2020, in cui ha conquistato due vittorie di tappa, indossando la maglia rosa nella seconda frazione per poi ripetersi il giorno dopo e vincere la classifica a punti. Nel 2021 si è piazzato quinto alla Per Sempre Alfredo 2021, classica toscana alla sua prima edizione. Tocca a lui proseguire la rubrica I Volti Nuovi del Gruppo, in cui la redazione di SpazioCiclismo intervista in esclusiva tutti i neoprofessionisti italiani.
Descriviti ai nostri lettori. Che tipo di corridore sei?
Finora sono sempre stato un corridore veloce in grado di tenere sugli strappi brevi. Direi un corridore da classiche. Poi da professionista cambia tutto, in genere.
A che età hai iniziato ad andare in bicicletta?
A 6/7 anni, da G1.
Come sono andati i primi mesi da professionista?
Ho già potuto fare qualche gara l’anno scorso, da stagista, e l’impatto è stato più che positivo. L’ambiente è tranquillo e sereno, si riesce a lavorare davvero bene. Siamo circondati da ottime persone. Sono sicuro che è l’ambiente giusto per permettere a un giovane di crescere.
Hai già ottenuto diversi risultati da under. Qual è che ricordi con maggiore soddisfazione?
Sicuramente la seconda tappa del Giro d’Italia U23 2020, che mi ha permesso di indossare la maglia rosa. Penso sia la più importante finora. Ma tra le vittorie metterei anche essere riuscito a riconquistare quello che avevo perso, che mi è stato tolto, per l’ingiusto stop disciplinare. Forse questa. Sono riuscito a resettare tutto e ha dimostrare quanto valgo.
Vuoi spiegare bene cos’è successo in quell’occasione?
Ero sponsorizzato da una marca di integratori. Niente di nascosto, pubblicavo anche le immagini sui miei social. Ovviamente li usavo alle gare, dopo aver ricevuto le diverse certificazioni sulla possibilità di usarli. Quando è arrivata la squalifica, per me è stata una mazzata incredibile. Con i social e tutto, la mia immagine è stata divorata in poco tempo. Fortunatamente è uscito fuori il mio carattere e sono stato aiutato dalla mia famiglia, che mi è stata di fianco tutto il tempo. Abbiamo risolto dimostrando che i valori derivavano da una contaminazione degli integratori. Ho passato quattro mesi molto difficili, ma per fortuna ho un carattere forte. Ho capito tanto sulle persone che avevo vicino a me, su chi potevo fidarmi e chi no.
Spesso hai indossato la maglia della nazionale.
Da under 23 ho sempre avuto la fiducia di Marino Amadori, che vorrei ringraziare tanto perché di sicuro senza di lui quest’anno non avrei avuto la possibilità di passare professionista. Ha puntato forte su di me, mi ha sempre portato con sé, gli devo tanto. La maglia della nazionale è importante, indossarla dà emozioni uniche. Spero di riuscire a meritarla anche da professionista, con la nazionale maggiore.
Tra l’altro hai ben figurato al mondiale under 23 2021.
Sì, grazie a Marino Amadori abbiamo creato un gruppo fantastico. Amici, prima ancora che corridori. Quando sei così unito, in gara diventa tutto più semplice. Io sono stato contento, sono stato protagonista in fuga. Poi abbiamo finalizzato con Baroncini, che era l’uomo su cui puntavamo. È stato fantastico ottenere il risultato a cui puntavamo.
Quando hai capito di avere i numeri per passare professionista?
Già nel primo anno da under 23 ho fatto tante corse con i professionisti. Ero giovane, ma avevo già fatto un piazzamento con i grandi al Giro di Slovenia. Da lì ho pensato di potercela fare. Poi chiaramente non siamo tutti Evenepoel o Pogacar, ho bisogno di crescere senza pressione. Dopo i primi due anni di rodaggio, in cui ho fatto fatica, nel terzo sono stato in un ambiente super, in cui ho fatto una grande maturazione fisica. Lì ho capito che era il momento giusto per passare.
Sai già il tuo calendario corse in Bardiani?
Debutterò in Spagna, poi correrò l’Etoile des Bessèges. Dopo vedremo come sarò messo e cosa sceglieremo di fare.
Che aspettative hai per la stagione?
Crescere, capire a che punto sono. Ormai c’è la moda di dover vincere a 20 anni, io però penso di avere ancora tanto da crescere e imparare. Voglio capire in che posizione sono nel gruppo, quanto devo lavorare per crescere e cosa mi manca. Poi, chiaramente, se dovessero arrivare già risultati, tanto meglio.
Quale corsa sogni di vincere?
Avendo sempre praticato ciclocross, la Parigi-Roubaix. Il mio sogno è quello, magari correndola sotto la pioggia.
Quanto è stato importante il ciclocross nel tuo avvicinamento alla strada?
Tantissimo. Da quando sono G1 ho fatto di tutto: mountain bike, ciclocross, pista. Il ciclocross è stato il primo amore, mio fratello Davide ha vinto il campionato italiano da esordienti. Penso sia importante, dà tanto a livello tecnico ma anche per capire certe situazioni di gara. A volte ti permette di fare la differenza.
C’è un idolo a cui ti sei ispirato?
Sicuramente Pantani. Da quando ero piccolo guardavo tutti i suoi filmati. Da piccolo mi divertivo a scattare e contavo quanti scatti riuscivo a fare. Se dobbiamo parlare di un corridore più moderno, mi piace tanto Alaphilippe. Non segue troppo le tattiche, va molto in base all’istinto. Se se la sente di attaccare, lo fa. È capace di attaccare a 80 chilometri dall’arrivo e di far saltare il banco.
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Vorrei dire di divertirsi. È uno sport fantastico, che permette di vivere grandi emozioni. Bisogna goderselo al massimo.
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